Breve storia del Presepe in Italia



BREVE STORIA DEL PRESEPE IN ITALIA
Saggio di Christiaan Santini per la mostra “Kerstgroepen werelwijd” (Presepi dal Mondo), novembre 2009 - gennaio 2010, Museum Timmerwerf, De Lier, Paesi Bassi.
 
Tra i fasti luccicanti che circondano il Natale moderno, festa consumista di cultura occidentale ormai adottata globalmente che si basa, è bene ricordarlo, su una ricorrenza religiosa cristiana, il presepe è una delle poche usanze popolari che ricordano la nascita di Gesù. Nelle chiese, come nelle case, le statuine vengono tirate giù dalle soffitte e liberate dagli scatoloni impolverati. Dislocate secondo uno schema che si ripete ogni anno, offrono una immagine dell’evento che il Natale ricorda e rende attuale. Un avvenimento remoto nel tempo: la nascita del Bambino.
La parola presepe deriva da forme latine come “praesepe” o “praesepium” (parole composte da prae = innanzi e saepes = recinto, quindi luogo davanti al recinto) che significano “greppia, Mangiatoia”. Dunque la mangiatoia dove, secondo la tradizione, Maria di Nazareth diede alla luce suo figlio. Comunemente in Italia si racconta che il primo a far rivivere questo sacro evento, questa Epifania (manifestazione), fu S. Francesco d’Assisi, che nel Dicembre del 1223 a Greccio in Umbria mise in atto con una sacra rappresentazione questo momento, utilizzando i contadini del luogo come attori che impersonavano i protagonisti di quella notte: Gesù, Maria, Giuseppe, gli angeli ed i pastori. L’episodio fu poi dipinto anche da Giotto nella Basilica Superiore di Assisi.
Su questa esperienza quasi teatrale che divenne subito famosa si sviluppò questa usanza di ricreare il momento sacro della nascita ogni anno, sia con persone reali che con statue e pupazzi. L’intuizione di S. Francesco fu grande e quasi polemica, rivivere il momento e mostrarlo al popolo, alla gente comune, come una cosa naturale - una nascita - ed in campagna, lontana dai fasti delle chiese, comprensibile e magica per tutti, anche per chi non conosceva le scritture e le tradizioni della Chiesa. La storia del presepe ha però origini ben più lontane. Già nelle religioni pagane si festeggiava il natale (da natalis = relativo alla nascita) che, fissato il 25 dicembre, ricordava la nascita del Sole (identificato poi con Mitra). In attesa di quel giorno i bambini lucidavano le statuine di terracotta che rappresentavano i propri avi per poi porle secondo fantasia in un recinto. Alla vigilia del Natale la famiglia si riuniva per invocare la protezione dei propri avi, lasciando loro ciotole di cibo e vino. La mattina seguente al loro posto si trovavano dolci e giochi per i più piccoli, portati dai propri nonni e bisnonni. Essi erano morti ma l’evento comprovava che le loro anime proteggevano ed ancora custodivano la famiglia.
Le similitudini con gli eventi natalizi contemporanei sono fortissime.
La tradizione fu, per cosi dire, ripresa e adattata dalla religione cristiana. Numerose sono poi le raffigurazione della natività nell’arte cristiana già a 100 anni dalla morte di Cristo, poi nelle catacombe o sui sarcofagi. Ma è nel VII secolo che, con papa Teodoro, la natività assume una immagine più concreta. A Roma, nella chiesa di S. Maria Maggiore fu costruito un oratorio interamente dedicato al Presepio. L’oratorio era difatti chiamato S. Maria ad Presepium e conservava tradizionalmente una importante e curiosa reliquia: la sacra culla! In questo stesso luogo Arnolfo di Cambio, tra il 1290 ed il 1292, scolpì le prime statue a tutto tondo raffiguranti la natività (tuttora, in parte conservate in loco).


Il primo presepio completo di cui si ha notizia, a ricordo della rappresentazione di Greccio, fu allestito a Napoli dalle monache Clarisse presso la chiesa di S. Chiara, la consuetudine continuò a svilupparsi fino al riconoscimento ufficiale nel XVI quando, grazie alle direttive del Concilio di Trento che favorirono lo sviluppo delle sacre rappresentazioni in tutto il mondo cattolico, si riconobbe al Presepe quel grande potere, tuttora cardine del suo conservarsi nei secoli, di trasmettere la fede negli avvenimenti della Nascita in maniera semplice e prossima al sentire del popolo. Il secolo d’oro è però certamente il ‘700 ed in particolare a Napoli (ma non solo, notissimi, per restare in ambito italiano, i presepi Pugliesi, Liguri e Siciliani) dove le grandi famiglie nobiliari entrarono in competizione tra loro facendo costruire strabilianti presepi nei propri palazzi in cui il popolo era invitato ad entrare per ammirarne i particolari ed eleggere i più belli e sorprendenti. Le statuine erano delle vere opere d’arte rivestite di stoffe finissime e autentici gioielli. Anche i componenti della reale famiglia dei Borbone spesero ingenti somme per farsi preparare presepi nei loro salotti.

La grande fortuna di questa “arte di genere” portò ad un veloce e continuo sviluppo, la fantasia degli artigiani specializzati contribuì a portare dentro alla scena apparati meccanici ed idrici, fondi pittoreschi e personaggi della Napoli contemporanea. La scena della Natività diveniva sempre più un pretesto ed intorno ad essa si sviluppavano scene di vita cittadina nella quale i personaggi dell’evento sacro si mescolano a venditori, soldatesche, contadini, e quant’altro. Ogni categoria di persone della Napoli settecentesca poteva ritrovarsi rappresentata nei mercati, nelle osterie e nelle strade disegnate ed innalzate in miniatura con un’impronta naturalistica basata sugli esempi del paesaggio campano. Tutti elementi palesemente anacronistici che però raccontano meglio di qualsiasi alte forma d’arte l’ambiente della Napoli del ‘700 con colori, sapori ed odori delle strade come delle campagne. Presso la Certosa di S. Martino a Napoli è esposta la più antica e completa collezione di Presepi Napoletani al mondo. Un incredibile viaggio nella città partenopea e nel mondo della devozione popolare. Un natale colorato, pittoresco e bellissimo aperto tutto l’anno! Dirà Michele Cuciniello, forse il più grande presepista partenopeo: “il presepe napoletano è una pagina di Vangelo in dialetto napoletano”. La tradizione di ricostruire scorci di vita cittadina si “aggiorna” ogni anno ed ai volti del clero, dei nobili, della borghesia e del popolino dei secoli passati si sostituiscono le categorie di oggi rappresentate nelle loro occupazioni giornaliere. E’ possibile trovare politici, calciatori e veline che popolano la rappresentazione accanto ai personaggi canonici. Berlusconi accanto ai pastori; Cannavaro, napoletanissimo capitano della nazionale di calcio, che alza la coppa in un’osteria e davanti ad essa i Magi che si dirigono verso la mangiatoia. Carabinieri e militari di oggi, a braccetto coi loro antichi colleghi di epoca romana, osservano dal lato la scena, sorvegliando che tutto proceda senza disordini. Ogni bizzarria è permessa purché sia rispettato il luogo sacro della nascita, purché l’anacronismo resti ironico e non offensivo. 
Rimane essenziale infatti il filo conduttore, ancora fortemente religioso, che Papa Giovanni XXIII sintetizzava nel 1962 con queste parole: "Arrivi dappertutto un raggio di grazia, la grazia, la luce della Grotta di Betlemme, il canto degli Angeli, la premura materna di Maria, il patrocinio di Giuseppe; e per ogni uomo sorga, nella purezza e nell'armonia più alta, l'inizio, il rinnovamento della vera gioia, portata sulla terra del Figlio di Dio". La scena madre, la sacralità, il miracolo di Dio che si fa uomo deve restare essenziale e centrale. Siano ammesse dunque bizzarrie e curiosità che raccontano i propri tempi e coloro che li popolano, con le loro virtù ed i loro vizi.
Il valore sacro del presepe è un argomento che necessita una spiegazione più completa. La rappresentazione della scena della natività non si esaurisce nel solo valore evocativo ma è densa di significati simbolici dalla lunga e sfaccettata tradizione. La scena si basa essenzialmente sui Vangeli di Luca e Matteo che furono i primi a descrivere la Natività. Maria e Giuseppe erano a Betlemme per il censimento voluto dalle autorità. Luca riporta che Maria fu costretta a dare alla luce suo figlio Gesù “in una mangiatoia perche non c’era per essi posto in un albergo”, narra poi dell’annunzio dei pastori e dei magi venuti dall’oriente, con una stella come guida, per adorare il bambino che sarà Re. Qui si ferma il racconto dei vangeli canonici, le altre scene e figure provengono da altri racconti considerati apocrifi e dalla tradizione patristica che carica la scena di significati simbolici ed allegorici. I nomi dei tre magi, ad esempio, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, provengono dal vangelo dell’infanzia armeno. Il loro numero, fissato a tre da S. Leone magno, fu diversamente interpretato: le tre razze che popolavano la terra, semita, giafetica e camita; le tre regioni della terra conosciute, Asia, Africa ed Europa o ancora le tre età dell’uomo, gioventù, maturità e vecchiaia. I loro doni ricordano la duplice natura del Cristo: la mirra, una gomma resina aromatica che si usava per imbalsamare i morti, rappresenta la natura umana del Cristo e preannuncia il suo sacrificio di Morte; l’incenso ne ricorda il valore divino, esso bruciando ascende al cielo verso il padre; l’oro è invece il dono riservato ai re. Luca, come d’altronde gli altri evangelisti, parla di un mangiatoia dove Gesù è posato dopo la nascita ma non precisa assolutamente il luogo dove essa si trovava.
La Basilica della Natività a Betlemme sorge su quella che è indicata dalla tradizione la grotta ove nacque Gesù, di grotta si parla anche nei Vangeli apocrifi. D’altronde anche la divinità Mitra, ovvero il sole, si diceva nata in una grotta e l’avvenimento si festeggiava proprio il 25 dicembre! Non vi è invece alcuna menzione del bue e dell’asino nei Vangeli, essi provengono da una nota profezia di Isaia, che accusando il popolo ebreo d’esser sordo alla parola di Dio, lo contrapponeva alla mansuetudine del bue e dell’asino. Fu poi Origene che li interpretò come simbolo del popolo ebreo e pagano, dunque coloro per i quali ha inizio l’opera di redenzione. Il dogma della duplice natura del Cristo si ripresenta ancora nel valore simbolico degli angeli, creature del mondo superiore e dei pastori, l’umanità da redimere. Fortemente simbolico anche il manto azzurro della Madonna che simboleggia il cielo, talvolta accompagnato dal bianco ovvero la purezza o anche dal rosso, dunque il sangue, la natura umana, il peccato, di cui essa si rende avvocata in cielo. La posizione di Giuseppe, sempre in ombra e vestito con colori dimessi, rappresenta l’umiltà con cui l’uomo, il peccatore, deve avvicinarsi a Dio. Questi sono solo alcuni esempi che testimoniano l’estrema complessità di una scena come la natività che in un presepe si mostra come semplice e naturale: una nascita, seppur divina. Anche i personaggi che completano il presepe moderno hanno assimilato valori simbolici nei secoli. L’osteria rappresenta il vizio, il peccato, in cui cade l’uomo; la miriade di personaggi del popolo modellati spesso in maniera caricaturale sono d’altronde il simbolo dei trasgressioni a cui ogni categoria sociale incorre. Il visitatore vi si ritrova nella scena, diviso dal piacere di essere protagonista e la vergogna per i propri vizi. Tra essi spesso anche il prete magari ubriaco o circondato dalle fiamme del purgatorio, d’altronde anche il clero non è esente dal peccato! (E’ curioso notare che non vi si rappresentavano mai personaggi dell’alto clero o della nobiltà, nel presepe napoletano, offerto dalle grandi famiglie al popolino v’era spazio solo per i vizi dei poveri…) Spesso si trova il diavolo nei pressi della culla che anticipa le tentazioni del Cristo nel deserto. I soldati preannunciano invece la strage degli innocenti a cui Gesù scamperà ma anche l’autorità alla quale il buon cristiano non deve ribellarsi. La salvezza è infatti del regno dei cieli. Altri personaggi sono le anime del purgatorio, che circondati dalle fiamme, attendono la salvezza. Le interpretazioni dei personaggi sono dunque polivalenti e polisemiche, non si escludono l’un l’altra ma, di volta in volta arricchiscono la rappresentazione.
Il presepe qui in mostra rappresenta un tipico esempio di collezione di famiglia, tutti i personaggi canonici sono presenti ma accanto ad essi attirano ancora più l’attenzione figure di tradizione popolare che non regolate dal racconto evangelico sono modellate con fantasia.
Il teatro all’aperto, con pupazzi e caricature è rappresentazione nella rappresentazione, d’altronde il Presepio stesso è correlato a quest’arte; tende a rendere attuale un evento lontano con personaggi reali all’interno di un allestimento scenico. Dopotutto il presepe non è una immagine santa ma una rievocazione gioiosa e scenografica di un evento santo e gioioso quale è il Natale.

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